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LA FORZA DI UNA MADRE, IL CORAGGIO DI UNA FIGLIA: IL NOSTRO PARTO PODALICO



Ho sempre amato leggere i racconti di parto. C’è qualcosa di sacro, potente, autentico in ogni storia di nascita.

Ma oggi sento che è arrivato il momento di raccontare la mia.

Perché il mio parto è stato diverso. Intenso. Profondo.

È stato il parto che non doveva esserci, e invece è arrivato.

Contro ogni previsione.


Ero già mamma di due meravigliose bambine, nate con due parti spontanei che hanno lasciato dentro di me un ricordo incancellabile.

Ma questa terza volta… questa volta è stato tutto diverso. E proprio per questo ancora più speciale.


Questa gravidanza l’ho desiderata con tutta me stessa.

È arrivata con dolcezza, e l’ho vissuta con gratitudine, nonostante qualche piccolo disagio fisiologico.

Ero pronta. Pronta a rinascere madre.


Avevamo deciso che sarebbe stato un parto in casa.

Dopo l’esperienza bellissima in casa maternità, sentivo che stavolta volevo partorire nel mio spazio, nel mio nido.

Avevamo tutto pronto. Le ostetriche. L’atmosfera. La nostra attesa.

Ma c’era un dettaglio: la mia piccola, a termine gravidanza, era ancora podalica.


Abbiamo provato ogni strada dolce per aiutarla a girarsi: moxa, polarity, posture, musica.

Ma lei restava lì, con la sua testolina sotto il mio cuore.

Una parte di me sapeva che forse quello era il suo modo di dirmi: “Mamma, fidati. Questa è la mia via”


Io però non volevo arrendermi al pensiero di un taglio.

Dopo due parti naturali, di cui uno avvenuto in acqua, nel calore e nell'intimità di una casa di maternità, l’idea di un cesareo freddo e chirurgico mi spaventava. Mi sembrava di essere costretta a rinunciare a un pezzo importante del mio viaggio.

Così ho iniziato a informarmi, a cercare alternative. E lì ho trovato il sostegno di un ginecologo straordinario, un uomo che non smetterò mai di ringraziare, che mi ha ascoltata, capita e sostenuta.


Mi ha detto che un parto spontaneo podalico non era privo di rischi. Ma era possibile.

E io volevo crederci.


Attorno a me, però, era il caos. Voci su voci, consigli non richiesti, paure degli altri che si trasformavano in ombre sulle mie certezze.

E alla fine, schiacciata dal peso di quelle paure, ho ceduto. Ho fissato il cesareo per il 21 marzo, primo giorno di primavera.

Un giorno bellissimo, che però rischiava di diventare il simbolo di una rinuncia.


I giorni prima dell’intervento sono stati i più bui.

Piangevo. Mi sentivo in trappola. Divisa tra il desiderio di un parto naturale e la paura di mettere a rischio la mia bambina.

Ma poi, il 20 marzo, qualcosa è cambiato. Un’intuizione profonda. Una forza che è salita da dentro.

Ho guardato la mia pancia, l’ho accarezzata, e ho detto: “Andrà tutto bene. Faremo questo viaggio insieme, come lo abbiamo sognato”

Ho chiamato il mio ginecologo e gli ho detto che avevo cambiato idea. Nessun cesareo.

Io e la mia bimba avremmo avuto il nostro parto.


E così, la sera del 23 marzo, le contrazioni sono arrivate.

Dolci, regolari, potenti. Ho deciso di restare a casa il più possibile, in attesa che il mio medico entrasse in turno.


Alle sette del mattino, con le contrazioni ormai forti, sono arrivata in ospedale. Tre centimetri di dilatazione.

E subito, di nuovo, il muro: medici che mi mettono davanti i rischi, che mi fanno firmare consensi pieni di paura, che mi dicono che lì non posso partorire, che devo andare altrove.

E io… io dilatavo. Io stavo già partorendo.


Mi preparano per il cesareo d’urgenza. Ma io no. Io non ci sto. Mi rifiuto di indossare il camice operatorio, rifiuto il catetere, mi rifiuto di arrendermi.

Chiedo solo una cosa: “Aspettiamo il mio medico”


E finalmente lui arriva. Mi guarda, mi parla con calma. Mi dice che possiamo farcela. Che partoriremo.

Ma per sicurezza, lo faremo in sala operatoria, con tutta l’équipe pronta.

Accetto. Con tutto il cuore. Con tutta la mia fiducia.


E così, in un blocco operatorio trasformato in tempio di nascita, con le luci fredde ma l’anima piena di fuoco, affronto sei ore di travaglio.

E poi, finalmente, eccola. Alessandra. 3,740 kg di vita, di forza, di grazia.

Nata podalica. Nata come voleva lei. Come volevo io.


Questo parto è stato un atto di coraggio. Un atto d’amore. Una danza tra la mia volontà e la sua.

E oggi, nel raccontarlo, non voglio che sembri un’impresa. Voglio che sia un messaggio:

Siate informate. Siate ascoltate. Siate libere di scegliere.


Perché sì, volere è potere. Ma ancora di più: credere è potere.

E quando ci crediamo davvero, tutto trova la sua via.



Foto di Michael Morse


Rinascere Mamma dà voce alle mamme che vogliono raccontarsi.

Inviaci anche tu la tua storia, la leggeremo e avremo cura di pubblicare le più significative.

Ti aspettiamo qui: VOCI DI MAMME.

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Marcello Candiano
Marcello Candiano
4 giorni fa
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