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  • IL RUOLO DEL PAPÀ DURANTE L'ALLATTAMENTO

    Il ruolo del papà in allattamento è molto importante. Oggi ha un ruolo ancora più importante, data la mancanza del "villaggio": protegge la diade, il nucleo familiare, la sicurezza di sé e il benessere nella relazione. È fondamentale infatti includere il padre nell'allattamento, sia a livello fisiologico che di preparazione pratica ed emotiva. Un padre deve sapere ciò che una mamma può attraversare e provare nel post parto, per poterle stare vicino e gestire l'emotività. Può esserci, partecipare attivamente parlando al bambino, sostenere con frasi positive, praticare il massaggio neonatale. preparare alcuni pasti e fare qualche faccenda domestica. Sicuramente un papà preparato, attivo e includente può aiutare tutto il benessere della famiglia. Una cosa da sottolineare è l'importanza della salute emotiva del papà, mai da sottovalutare. Anche per lui la nascita di un bimbo è un enorme cambiamento e impegno, e sarebbe bello si potesse confrontare con la mamma sulle sue emozioni, aspettative, difficoltà, anche attraverso corsi post parto per genitori. Quindi parlatevi, discutete assieme sulle nuove routine, dandovi dei compiti ciascuno, rispettandovi e ascoltandovi l’un l’altro. Ne gioverà la coppia e il benessere del nuovo arrivato! Foto di Helena Lopes

  • TU, MAMMA, ESISTI!

    “Esisto anch’io!” È una vocina in sottofondo, che, se non ci porti attenzione, puoi confondere con il rumore del mondo attorno a te, un brusio, un fischio nell’orecchio, che puoi lasciare lì da parte… in un angolino molto nascosto… eppure… ogni tanto… “Esisto anch’io!” Che fastidio! Eccola di nuovo… può capitare in qualunque momento, inaspettata, pensavi di essertene sbarazzata facilmente e invece si rifà viva… “Esisto anch’io” ! Io, quella vocina, l’ho sentita subito, il giorno dopo il parto, quando, stanca morta, mi domandavo come si facesse, dopo un “viaggio” così intenso come mettere al mondo un bambino, a partire subito con tetta sempre in bocca e notti insonni senza avere una vacanza di almeno una settimana per riprendermi… Eheheh, e invece no!… ognuno quella chiamata la sente quando è il suo momento. Per me, sarà stato complice il mio lavoro con la danza e lo yoga, è stata subito una voce urgente, carica, insistente, snervante e che mi ha portato anche tanti sensi di colpa inizialmente… “Esisto anch’io!” …Era la voce del mio CORPO. Chiedeva di essere visto, ascoltato, curato, coccolato, amato, eppure io non sapevo proprio come fare, ero completamente assorbita dalle necessità della mia cucciola e mi è sembrato per tanto, troppo tempo di non avere scelta, di non avere nemmeno 5 minuti per potermi fermare a dedicare tempo al mio corpo C’erano altre priorità, tra cui, dopo mia figlia e tutte le cose essenziali da fare in casa, il mio riposo: avevo un gran sonno e bisogno di riposare, così, come mi era stato suggerito, sfruttavo alcuni riposini della mia bimba per chiudere gli occhi anche io e distendere i nervi. Ecco, alla luce di questo, ora posso dire di aver tentato di dare qualcosa al mio corpo: cercavo di riposare a volte, anche se non era abbastanza e faticavo pure a rilassarmi, ma era qualcosa. Vorrei dire a tutte le mamme che hanno vissuto o vivono una situazione simile alla mia, che vi comprendo fortemente e vi sono tanto vicina! Eppure continuavo a sentirlo ancora ancora e ancora quel lamento … “Esisto anch’io” …E andando avanti con la maternità mi sono resa conto che il mio corpo implorava qualcosa di più del semplice riposo e che, se mi organizzavo diversamente e non mi facevo fagocitare dalla routine, potevo ritagliarmi momenti per porgere la mia attenzione. Ci è voluto tanto, e confesso che ce ne vuole ancora (con una bimba di 15 mesi), per accettare di avere dei bisogni fondamentali che non potevo più rinnegare e soprattutto che, se non iniziavo ad aprirmi a ciò che il mio corpo chiedeva, ne avrebbe risentito notevolmente anche la mia bimba. Così una mattina, durante un riposino di mia figlia, mi sono fermata ad osservarmi allo specchio: mi sono guardata dritta negli occhi per un po’, ho svuotato la mia mente, e sono rimasta lì, ferma, in attesa. La voce del corpo è molto particolare, perché non si manifesta come un pensiero, con parole, con sequenze logiche; arriva come un’intuizione, spesso una sensazione (molto fisica appunto, essendo corporea), può arrivare come un’immagine, un flash, una lampadina che si accende e non si sa bene perché. E la maggior parte delle volte “non ha senso”, sembra assurda, strana, sciocca, o banale, o completamente impossibile, eppure è quasi sempre la “pillola” che ci serve in quel momento! Sta a noi scegliere o meno di rendere quella richiesta reale e fattibile, o lasciarla come una semplice “sciocchezza” che ci è parsa di sentire. Fondamentale è non giudicare e non giudicarsi , evitare di pensarci sopra e semplicemente provare e restare aperte ad accogliere un dono inaspettato, che può darci un po’ di ossigeno, di sollievo e di ricarica. Nello yoga e nelle arti olistiche, energetiche e anche spirituali, ci sono svariate pratiche, esercizi, visualizzazioni, meditazioni, movimenti, massaggi, ecc... che hanno l’intento di “nutrirci” a 360 gradi e di farci trovare la pratica su misura per noi, basta rimanere flessibili e curiosi come bambini. Quella mattina, davanti allo specchio, senza provare a darmi giustificazioni, ho iniziato a “farmi delle smorfie”…Sì, delle facce buffe, storpie, storte, brutte. Punto. Volevo fare quello, mentre mi concedevo il permesso di fare “la mamma matta” (etichette sociali che ci mettiamo addosso continuamente), ho sentito sempre più chiaramente che la mia faccia aveva proprio bisogno di essere “allenata”, di essere elasticizzata, tirata, allungata, ammorbidita e che quel momento assurdo in realtà era il mio toccasana per quella giornata, anche perché mi aveva permesso di staccare per un attimo la testa da tutto. Dopo 10 minuti di questo “lavoro”, ho deciso di darmi la crema in viso (dopo giorni che non la davo) e di farlo consapevolmente nel tocco, con l’intenzione di farmi una coccola e di “farmi bene” È stata una giornata molto serena poi, era evidente che avevo maggiore energia e anche più lucidità nello stare con mia figlia al suo risveglio. Basta davvero così poco per darci valore! E darci valore ci riempie sempre di una forza più brillante e ci lancia nella vita con carica e autostima, perché sentiamo di esistere e di non essere sempre sopraffatti dagli impegni e dai doveri. Vorrei dire alle mamme come me che non servono chissà quante ore libere durante il giorno per dare ascolto al nostro corpo, per prenderci una “pillola di benessere”, che tra l’altro non costa nulla ed è a chilometro zero, perché siamo proprio noi la chiave della nostra serenità. E bastano 10 minuti in cui essere pienamente presenti a noi stesse. Serve sono un ingrediente essenziale: il coraggio di ascoltarci e di accoglier e il nostro “sesto senso”, la nostra voce interiore. È che non siamo più abituate a metterci in contatto con la parte più vera di noi e a volte ci serve solo una piccola spinta e qualche semplice informazione per ritrovare quel contatto. Io ho parlato di corpo, è vero, ma il corpo è il mezzo e il canale meraviglioso con il quale tutto il nostro essere ci parla. Prendiamoci cura di lui e tutto dentro e fuori di noi ne gioverà. Stendiamo un materassino a terra, muoviamo il nostro corpo, senza fretta, mettiamoci in contatto con il nostro respiro e con ogni cellula che ci compone, immaginiamoci “luminose”, osserviamo le nostre emozioni, dove si fermano, in quale parte le sentiamo “vibrare”, giochiamo con noi stesse, facciamoci ridere. …Ah che ventata di aria fresca… Vi abbraccio. Foto di Andrea Piacquadio

  • ALTO CONTATTO: VIZIO O BISOGNO?

    I bisogni del neonato sono dettati da istinti innati di contatto , spesso erroneamente definiti vizi , in una cultura che ignora la natura stessa dell'uomo. Il neonato ricerca il contatto con la madre non perchè sia viziato , ma perchè obbedisce ai suoi istinti innati che lo portano ad esprimere tale bisogno. In nove mesi di gestazione ha trovato nel corpo della madre calore, protezione, nutrimento, e tutto ciò ha favorito in lui una sana maturazione fisica e psichica. Subito dopo il parto, il neonato avrebbe bisogno di un ambiente quanto più simile possibile al grembo materno, in grado di garantirgli non solo il nutrimento, ma anche contenimento e contatto , esattamente come avveniva nell'utero materno nel corso della gravidanza. Di contro, le moderne tecniche ospedaliere di gestione del parto impongono spesso una violenta separazione tra madre e bambino. Questa separazione viene talvolta ripetuta nel corso della vita neonatale e in alcuni casi costituisce una premessa per la formazione di individui ansiosi, sradicati e aggressivi. Questo lo afferma Jean Liedloff nel libro "Il Concetto del Continuum" dove illustra la possibilità di educare alla pace nel mondo semplicemente riappropriandosi dei legami istintivi iniziali. Il bisogno di contatto è talmente radicato nel neonato da essere ancor più importante, sotto alcuni aspetti, del suo bisogno primario di nutrimento. Con questo non voglio affermare che il nutrimento non costituisca un elemento fondamentale per la crescita e la maturazione, ma se non adeguatamente affiancato al contatto e al contenimento, si potrebbero osservare squilibri psicofisici nel bambino e nell'adulto di domani. Per dimostrare questo, Harlow condusse un esperimento. Chiuse dei cuccioli di scimmia in gabbia e diede loro a disposizione due sostituti materni: uno era un morbido peluche, l'altro una sagoma in metallo fornita di un biberon con il latte. Fu curioso osservare come le scimmiette trascorressero la maggior parte del tempo avvinghiate al peluche privo di biberon e andassero ad attaccarsi alla sagoma in metallo soltanto per poppare il latte dal biberon. Ma non solo. Si osservò anche che con il trascorrere del tempo le scimmiette divennero tristi ed apatiche e da adulte le scimmie femmina furono anaffettive con i loro cuccioli. Quanto è importante quindi soddisfare il bisogno di contatto che manifesta un neonato? Non solo è importante, è FONDAMENTALE! La scienza antropologica ci insegna che un neonato viene al mondo quando la misura della sua circonferenza cranica raggiunge un valore oltre il quale sarebbe impossibile per lui attraversare il canale del parto. Il suo sviluppo neurologico risulta però incompleto nonostante sia venuto al mondo; ecco perchè inizia dalla nascita un tempo definito esogestazione , durante il quale il bambino raggiungerà molto gradualmente l'indipendenza fisica ed emotiva. Per esogestazione si intendono indicativamente i primi nove mesi di vita, nei quali possiamo affermare che il neonato è molto simile ad un marsupiale, e la sua sopravvivenza dipende TOTALMENTE ed ESCLUSIVAMENTE da chi si prende cura di lui. Ecco perché durante l'esogestazione il bisogno di contatto da parte del bambino è VITALE, FISIOLOGICO e SANO. I genitori accolgono tale bisogno con modalità differenti, a seconda delle competenze e della consapevolezza di ciascuno di noi, nonché in base al proprio vissuto e agli strumenti a disposizione in quel determinato contesto. Purtroppo al giorno d'oggi il modello di accudimento di maggior riferimento è quello a basso contatto, il cui scopo è quello di far raggiungere precocemente al bambino autonomia e indipendenza . Ma l'uomo è un mammifero, e come tale necessita dell'accudimento tipico dei mammiferi, basato sul contatto fisico . Solo in seguito alla Rivoluzione Industriale questo modello di accudimento fu sostituito da quello a basso contatto, nel quale la fisiologia, intesa come bisogno di contatto fisico e tattile tra bambini e genitori, non è essenziale. I bambini a basso contatto vivono in ambienti basati sul controllo e sulla disciplina, principi che sostituiscono l'affettività e i sentimenti. L' alto contatto è invece quanto di più fisiologico esista nelle pratiche di accudimento e, contrariamente a ciò che la cultura del basso contatto vuol farci credere, favorisce nel bambino lo sviluppo della propria identità e autonomia.

  • REGALI DI NATALE ORIGINALI PENSATI PER NEOGENITORI E PER IL LORO BEBÈ

    Il Natale è un momento magico, e lo diventa ancora di più quando si festeggia con una nuova aggiunta alla famiglia. Se sei alla ricerca del regalo perfetto per una neomamma, un neopapà o il loro piccolino, ecco alcune idee che possano contribuire a celebrare la festa tanto attesa. IDEE REGALO PER LA NEOMAMMA: RELAX, BENESSERE E CONSAPEVOLEZZA Essere una neomamma è un viaggio emozionante e allo stesso tempo faticoso e stressante. Regalare momenti di relax e benessere alla nuova mamma può essere un dono davvero prezioso. Un buono per un massaggio rilassante, una sessione di yoga post-parto o addirittura una giornata di spa potrebbe essere esattamente ciò di cui ha bisogno per rigenerarsi e prendersi cura di se stessa dopo le fatiche della maternità. In alternativa, un cesto regalo con prodotti per la cura personale, come creme idratanti, oli essenziali o tè rilassanti, sarà un pensiero gradito che le permetterà di dedicarsi un momento di coccole quando ne avrà bisogno. Se desideri regalare un libro, ti consiglio " La prima volta che sono nata " di V. Cuvellier, una lettura semplice e intensa che permette alla neomamma di fare un viaggio dentro di sé con ironia e tenerezza. IDEE REGALO PER IL NEOPAPÀ Spesso il focus durante la nascita di un bambino è principalmente sulla mamma, sappiamo che il ruolo del neopapà è altrettanto importante. Un regalo perfetto potrebbe essere un'esperienza che gli permetta di creare dei momenti speciali con il neonato. Un corso di massaggio infantile per imparare a prendersi cura del bambino in modo intimo potrebbe essere un’idea vincente. In alternativa, regalare una sessione fotografica con un fotografo professionista può risultare un’esperienza divertente per tutta la famiglia e permette di conservare, tramite le foto scattate, dei ricordi unici. Se desideri regalare un libro, ti consiglio " Il mio papà sa... "di C. Pintore, una lettura illustrata da condividere con il proprio piccolino, che racconta con semplicità quante cose sa fare un papà. IDEE REGALO PER IL BEBÈ: SCEGLI UNA STRADA ORIGINALE E GREEN Per il bimbo stesso, le possibilità sono davvero tantissime: tutine, giocattoli, libri. Molto probabilmente i neogenitori si troveranno sommersi da tante cose, forse troppe. Se vuoi fare un regalo differente, pratico e green, prova a uscire dagli schemi. Regala una consulenza online con una Montessori Home Organizer (ti consiglio Ilaria Cichetti , riferimento numero uno in Italia) oppure un abbonamento a piattaforme ricche di contenuti di valore pensati sia per genitori che per bambini, come latela.com . Ti sembrerà strano non regalare qualcosa di materiale al bambino, in realtà stai regalando molto di più. I genitori di oggi si pongono tante domande, vogliono sapere, scoprire, offrire il meglio ai loro bimbi. Trovare dei professionisti di riferimento che sappiano fornire strumenti di valore è un dono che dura, molto più di una tutina o di un giocattolo accattivante. Scegliere regali pensati per la neomamma, il neopapà e il bambino è un modo meraviglioso per celebrare il Natale e la nuova gioia che è entrata nella loro vita. Che tu scelga di regalare momenti di relax, esperienze speciali o doni fuori dagli schemi, ricordati che il regalo più importante è la tua vicinanza, il tempo che potrai dedicare alla neo famiglia. Regala qualche ora di riposo alle mamme e ai papà stanchi, facendo da baby-sitter, e vedrai che te ne saranno enormemente grati. Buon Natale! Foto di munkhbayar dambajav

  • TRE VERITÀ SULLE MAMME CHE HANNO VISSUTO UN CESAREO

    Ho riflettuto tanto sui parti non celebrati, che non ricevono tanti pollici in su e numerose condivisioni sui social. Ho riflettuto sul Coraggio, la Forza e la Bellezza delle donne che hanno dato alla luce il loro bambino con taglio cesareo. Facciamo quindi un passo indietro e celebriamo le mamme che hanno partorito con un cesareo. 1. LE MAMME CHE HANNO PARTORITO CON UN CESAREO SONO CORAGGIOSE Subire un taglio cesareo non è una passeggiata. Il compagno non è ammesso, mentre dottori e infermieri preparano la sala operatoria, magari chiacchierando del più e del meno. Nel frattempo la mamma rimane ad aspettare su un freddo tavolo operatorio, osservando ciò che la circonda, spaventata e sola. Ed è proprio in questi momenti che si aggrappa con forza all’amore impetuoso che prova per il suo bambino, cercando di far scivolare via la paura. Comprende che sta facendo del suo meglio per il bambino, anche se questo "meglio" tradisce le aspettative che si era creata sul parto durante i nove mesi di gravidanza. Se solo provassimo ad immedesimarci in questa situazione, riusciremmo a capire quanto sia coraggiosa una mamma che subisce un cesareo. 2. LE MAMME CHE HANNO PARTORITO CON UN CESAREO SONO FORTI Sono poche le donne che affermano che il cesareo sia il parto che avrebbero desiderato. Nella migliore delle ipotesi, esso è necessario, ma spesso è dettato da pratiche obsolete, non in linea con le EBM, o ancor peggio effettuato per una questione di comodità organizzativa da parte del personale sanitario. Spesso le mamme costrette a subire un cesareo hanno un tempo molto limitato per metabolizzare questo cambiamento di prospettiva: solo qualche giorno, ora o addirittura pochi minuti. Tutto ciò che era desiderato e visualizzato prima di allora, cambia improvvisamente e la chirurgia prende il sopravvento. Ma l’essere umano, purtroppo, non è "programmato" per gestire i mutamenti improvvisi, e quando una donna apprende che dovrà subire un cesareo, attinge a tutta la sua forza interiore per affrontare la sala operatoria come unico mezzo per dare alla luce il proprio bambino. La ripresa dal cesareo è lunga, spesso richiede addirittura mesi. Sebbene in qualunque altro tipo di intervento chirurgico il medico raccomandi al paziente il riposo assoluto per favorire una migliore ripresa, le mamme che subiscono un cesareo sono costrette a fare l’opposto: nutrono, amano, si prendono cura dei loro meravigliosi bambini. Per questo sono molto forti, sia fisicamente che psicologicamente. E questa forza non è richiesta loro solo per il giorno del parto, ma anche per settimane, mesi e anni dopo, mentre guariscono nel corpo e nell’anima, accogliendo nuovi sogni e stringendo tra le braccia il loro bambino. 3. LE MAMME CHE HANNO PARTORITO CON UN CESAREO SONO BELLE Spesso il diventare madre lascia delle cicatrici, sia a livello fisico che emotivo. Le mamme che hanno vissuto un cesareo le hanno entrambe. E queste cicatrici sono un potente promemoria della forza e del coraggio che hanno avuto nel dare alla luce i loro bambini. Sono le porte attraverso le quali il loro bambino ha lasciato un mondo, per entrare in un altro. È affascinante osservare quanto queste cicatrici siano diverse tra loro, per consistenza, lunghezza, collocazione. Ogni cicatrice è unica, così come lo è ogni storia di cesareo. È affascinante anche come esse cambino nel tempo, come si affievoliscano, crescano, guariscano. Invece di gettare un velo di vergogna, dovremmo incoraggiare queste mamme a mostrare con orgoglio le loro cicatrici, un meraviglioso inno di Forza e di Coraggio. (Libera traduzione dell'articolo Three Trust About C-section Mamas di Nicole Monet)

  • LETTERA DI UNA BIMBA MAI NATA ALLA SUA MAMMA

    Lo scorso 15 ottobre è stata celebrata, come ogni anno, la giornata mondiale dedicata al lutto perinatale, esperienza terribilmente diffusa della quale si parla ancora troppo poco. Grazie al dono della fantasia ho provato a immaginare cosa scriverebbe una bimba mai nata alla sua mamma. Spero che questa lettera possa arrivare come una carezza per chi l’esperienza della perdita se la porta ogni giorno nel cuore. “Cara Mamma, sono qui per parlare con te. Innanzitutto grazie per avermi accolta nella tua pancia e nella tua vita. É stato bello passare del tempo insieme, ascoltare il battito del tuo cuore, cullarmi al tempo del tuo respiro. So quanto siete tristi tu e papà da quel giorno, vedo quanto piangi la sera prima di addormentarti. Anch’io sono triste perché mi mancate e perché mi mancano tutte le cose che non potrò fare: non potrò posare la mia manina sul tuo viso, non potrò abbracciarvi, non potrò ridere e crescere con i miei fratellini. Il mio piano era diverso. Avevo programmato di continuare a nuotare, nutrirmi e giocare nel tuo pancione almeno fino alla prossima primavera. Avevo anche pensato di nascere proprio a ridosso della Festa della Mamma, volevo fare le cose in grande e aggiungere festa alla festa. I miei piani, però, sono saltati tutti. Mamma voglio che tu sappia una cosa importante perché so che questo pensiero ti distrugge: non ho sofferto e non mi sono sentita mai sola. Un attimo c’ero e l’attimo dopo non c’ero più. Questa è la vita. Ero sospesa tra cielo e terra e alla fine ho scelto il cielo. Non è giusto e non doveva andare così. Io volevo nascere. Questa è la vita che è toccata a me, a noi. Sento che con il tempo, il tuo tempo, le giornate avranno un sapore meno amaro e che tornerai a sorridere. Anch’io farò del mio meglio da quassù. Te lo prometto. Sai che solo una cosa conta davvero? Quanto mi sono sentita amata. Anche se per poco, mi basterà per sempre” La tua Stellina di Primavera Foto di Medine Dilek Kizmaz

  • MAMME E PAPÀ CHE TEMONO DI NON FARE ABBASTANZA: COME LIBERARSI DALLA FOMO GENITORIALE

    Viviamo in un’epoca in cui la vita è costantemente documentata, condivisa e confrontata. Anche l’esperienza della genitorialità non è esente da questa dinamica. Si definisce FOMO (“Fear of Missing Out”) la paura di perdersi eventi sociali o esperienze importanti. Nel contesto genitoriale, tuttavia, questa paura si manifesta come l’ansia di non fare abbastanza per i propri figli, di non essere presenti in ogni singolo momento della loro crescita, e di “perdere” eventi fondamentali che potrebbero non ripetersi. Questa forma di FOMO può essere alimentata da una varietà di fonti, come il confronto con le esperienze di altri genitori oppure dai social media che spesso mostrano vite “perfette” o ricche di esperienze straordinarie. Questa continua pressione a non perdere mai nulla può portare i genitori a sentirsi costantemente sotto esame, aumentando stress, senso di colpa e un senso di inadeguatezza che può appesantire non di poco l’esperienza genitoriale. I SEGNALI DELLA FOMO GENITORIALE Riconoscere la FOMO genitoriale è il primo passo per affrontarla. Ecco alcuni segnali comuni che possono aiutarti a identificarla: “ Mio figlio deve assolutamente esserci..! ” - Ansia costante di fare tutto e subito. Dai corsi di musica, acquerello o baby yoga, sembra che ogni attività sia indispensabile per lo sviluppo dei propri figli, generando un’ansia crescente di dover fare tutto. “ Guarda quella mamma, lei sì che riesce a organizzare dei giochi coinvolgenti..! ” - Tendenza a confrontarsi costantemente con gli altri. I social media e l’osservazione delle altre famiglie possono portare a un continuo confronto e al senso di dover sempre “fare di più” per essere al passo. “ Non faccio abbastanza ” - Sentimento di inadeguatezza. La sensazione di non essere mai abbastanza presenti o di non offrire abbastanza esperienze ai propri figli può diventare un peso quotidiano. “ Hey mondo oggi Carlotta ha fatto i primi passi..! ” - Presenza costante online. Molti genitori documentano ogni momento dei propri figli, spesso con l’obiettivo di condividerli online, spinti dalla paura di perdersi qualcosa e dal bisogno di dimostrare agli altri quanto siano capaci nel loro ruolo. LE CONSEGUENZE DELLA FOMO GENITORIALE La FOMO genitoriale può avere effetti negativi non solo sui genitori ma anche sui nostri bambini: le mamme e i papà che cercano di partecipare a ogni attività e di non perdere nessuna occasione finiscono per esaurire le proprie energie, perdendo il piacere dei momenti semplici e spontanei. Quando si è focalizzati su ciò che si “dovrebbe” fare, si rischia di perdere l’opportunità di vivere veramente il momento presente. Anche i bambini possono avvertire la pressione di dover sempre “fare qualcosa” La mancanza di tempo libero per giocare e rilassarsi può ostacolare il loro benessere e sviluppo naturale. STRATEGIE PER LIBERARSI DALLA FOMO GENITORIALE Liberarsi dalla FOMO genitoriale richiede consapevolezza e un cambiamento di prospettiva. Ecco alcune strategie pratiche: 1. Accettare che non tutto è indispensabile: non ogni esperienza è necessaria per lo sviluppo e la felicità dei figli. A volte, un’attività svolta con serenità è più preziosa di una serie infinita di impegni. 2. Limitare il tempo sui social media: ridurre l’esposizione alle vite altrui sui social può aiutare a evitare paragoni irrealistici. I social mostrano una realtà filtrata, non la quotidianità autentica. 3. Concentrarsi sui momenti semplici: spesso, le esperienze più belle sono quelle senza programmi, come cucinare una torta, organizzare una gara di barzellette o uscire per fare una passeggiata nella natura. 5. Coltivare il “qui e ora”: la genitorialità non è una competizione. Prendersi un momento per respirare e vivere il presente può trasformare il rapporto con i propri figli e rendere l’esperienza genitoriale più serena e appagante. La FOMO genitoriale è una sfida reale per molti genitori, ma è possibile affrontarla e superarla. Ricordiamo che la genitorialità è un viaggio fatto di momenti autentici e, molto spesso, anche imperfetti. Non c’è bisogno di fare tutto, di essere ovunque o di condividere parti così preziose della nostra quotidianità. Ogni genitore troverà il proprio ritmo e potrà costruire un rapporto unico e speciale con i propri figli. Concentrarsi sulle proprie priorità e vivere i momenti quotidiani può trasformare la FOMO in un’occasione per riscoprire il valore della semplicità e della presenza offline. Foto di Kampus Production

  • EDUCARE IN NATURA SI PUÒ

    Quando è arrivato il momento di scegliere una scuola dell’infanzia per mio figlio, sapevo che avrei voluto qualcosa di diverso, un’esperienza che lo avvicinasse alla natura, gli permettesse di scoprire il mondo a modo suo, desse spazio alla sua energia dirompente. Dopo lunghe riflessioni e qualche timore, abbiamo scelto una scuolina all’aperto ubicata nella periferia della nostra città: " La tribù dei Tora Tora " Fare una scelta “fuori dal comune” per l’educazione di un figlio non è semplice, ti espone a domande, dubbi e incertezze. Tuttavia, proprio queste domande mi hanno dato la forza di seguire un percorso che sento davvero giusto per A. e per la nostra famiglia. Lasciate che vi racconti il perché. AL CENTRO LA NATURA Uno dei motivi che mi ha spinta a scegliere una scuola all’aperto è la connessione che qui i bambini e le bambine possono sviluppare con la natura. Presso la scuolina è il cielo a fare da tetto e la terra da pavimento. Credo che i bambini abbiano un innato bisogno di esplorare il mondo naturale e che questo sia fondamentale per il loro sviluppo fisico, cognitivo ed emotivo. In un mondo sempre più digitale e chiuso, dove spesso la natura viene vissuta a distanza, questo spazio offre la possibilità di riscoprire la bellezza di un ambiente autentico. Osservare mio figlio esplorare un prato, imparare a distinguere gli insetti e le piante, riconoscere le impronte degli animali, è per me una gioia immensa (in queste poche settimane ho imparato un mucchio di cose nuove anch’io). So che queste esperienze stanno arricchendo il suo bagaglio di conoscenze e lo stanno aiutando a crescere con una mente aperta e pronta a fare domande. IMPARARE CON IL CORPO E CON L'ESPERIENZA Alla scuola dei Tora Tora, non ci sono grembiulini o lavagne, ma ogni giorno A. impara qualcosa di nuovo. Qui i bambini corrono, saltano, si sporcano. Il loro apprendimento avviene attraverso il corpo, l’esperienza diretta, il gioco libero. Questo tipo di approccio permette loro di sviluppare autonomia e capacità di adattamento, oltre a imparare le prime basi della cooperazione. Credo fermamente che avere la possibilità di muoversi in un ambiente naturale insegni ai più piccoli qualcosa che vada oltre le parole: insegna a conoscere il proprio corpo, a sviluppare fiducia in se stessi e a vivere con consapevolezza il mondo che ci circonda. E poco importa se i pantaloni bucati, come le lavatrici da fare, siano in forte aumento. LIBERTÀ, REGOLE ED EMOZIONI Un altro grande regalo di questa scuola all’aperto è la libertà di esplorare. I bambini alla Tribù non seguono orari rigidi e attività precostituite, sono liberi di dare forma alle giornate seguendo la loro curiosità. I piccoli esploratori, seguiti da educatrici attente ed empatiche, vivono un’educazione che si costruisce con il contributo delle loro scoperte. Questo non significa che non ci siano regole chiare e precise basata sul rispetto di sé, degli altri e dell’ambiente. Come mamma, mi riempie il cuore vedere mio figlio vivere in un ambiente in cui può sperimentare senza timori, un ambiente che stimola la sua immaginazione e lo educa alla validazione delle sue emozioni. IL CORAGGIO DI FARE UNA SCELTA ALTERNATIVA Confesso che questa scelta ci ha messi alla prova come genitori. Quando abbiamo comunicato ad amici e parenti che avremmo iscritto nostro figlio a una scuola all’aperto, non tutti hanno capito. “Non sarà pericoloso?” mi chiedevano. “E il freddo? E la pioggia?” E poi, quella domanda implicita che spesso si cela dietro altre domande: “Perché non scegliere una scuola più tradizionale?” Di fronte a queste domande, ho dovuto trovare il coraggio di rispondere agli altri, ma soprattutto di rispondere a me stessa. Scegliere una scuola diversa è stato come prendere una posizione, dichiarare che esistono altri modi di crescere e di apprendere, che l’educazione non deve necessariamente essere legata a poesie da ripetere a cantilena, lavoretti da completare o sedioline sulle quali stare seduti per ore e ore. Credo che come genitori sia importante avere il coraggio di fare scelte che rispecchiano i nostri valori, anche quando sembrano fuori dal comune. Questa decisione, apparentemente “alternativa”, non è stata altro che un atto di fiducia: fiducia nei bambini, nelle loro capacità, nella nostra visione di educazione e in quella di chi la scuolina l’ha fondata. UN INVITO AI GENITORI: OSATE SEGUIRE IL VOSTRO CUORE! So che una scuola all’aperto non è per tutti, e che le nostre scelte educative non devono necessariamente essere uguali. Tuttavia, desidero incoraggiare altri genitori a prendere in considerazione le alternative, a osare nel fare una scelta fuori dal comune se sentono che è quella giusta per il loro bambino. Questa esperienza mi ha insegnato che crescere un figlio non significa adeguarsi a standard o aspettative, ma avere il coraggio di seguire il proprio cuore, cercando il meglio per lui/lei. Non dobbiamo avere paura di uscire dai percorsi tracciati. La bellezza di ogni scelta, soprattutto se nasce dall’amore e dalla volontà di far crescere un bambino sereno e curioso, sta nel suo valore unico. La scelta di iscrivere A. a una scuola come questa è stata una sfida e una liberazione. Ogni giorno lo vediamo scoprire il mondo con occhi pieni di meraviglia e so che questo è solo l’inizio del suo viaggio. La scuola della " Tribù dei Tora Tora " gli sta insegnando la resilienza, la creatività e la libertà di essere se stesso, tutte qualità che spero porterà con sé lungo la vita. Quindi, se state pensando di fare una scelta educativa fuori dal comune, vi invito a seguire la vostra intuizione. A volte, le strade meno battute conducono a luoghi meravigliosi. E per chi ci chiede “Prima o poi dovrà entrare nella scuola tradizionale, che senso ha ritardare questo ingresso? Vedrete che alla primaria si troverà malissimo” vi riporto le parole di chi questa scuola l’ha sognata, creata e la vive ogni giorno, Sara Bellarosa e Donatella Dente: “Sono preoccupazioni comprensibili e a cui ci capita di rispondere spesso da quando è iniziata l’avventura della Tribù. Il primo aspetto da tener presente è che un bimbo, una bimba di 3 anni ha bisogno di sperimentare il corpo e la motricità, ha voglia di scoprire di cosa è capace a livello fisico, se questo bisogno viene soddisfatto al momento giusto, poi a 6 anni, quando sarà già evolutivamente "pronto", sarà anche più disponibile a rispondere alle “richieste” della scuola tradizionale. Man mano che si cresce la modalità di apprendimento passa da prevalentemente percettiva-corporea a una più cognitiva e intellettuale. Il grande lavoro che facciamo quotidianamente insieme ai bimbi e alle bimbe riguarda l’educazione emozionale, che prima di tutto per noi, educatrici ed educatori, è una notevole occasione di crescita. Nel corso dei mesi e degli anni, accompagniamo i bimbi e le bimbe alla scoperta di chi sono, di ciò che sentono, di ciò che desiderano, della fiducia in sé stessi, delle proprie risorse e anche delle proprie debolezze. Siamo fortemente convinte che tutto ciò porti a sviluppare maggiori risorse per poter affrontare poi difficoltà, frustrazioni e ostacoli che un ambiente nuovo (come quello della scuola tradizionale, ma non solo) potrebbe comportare”

  • MAGICO, INTIMO, INDIMENTICABILE: IL MIO PARTO IN CASA

    Abbiamo cercato e desiderato il nostro terzo bimbo, così come abbiamo sognato di avere un parto speciale, unico, intimo. Abbiamo deciso di far nascere il nostro terzo bimbo a casa nostra. Non perché avessimo avuto esperienze negative in ospedale, assolutamente no, ma volevamo qualcosa di speciale e soprattutto non volevamo nessun tipo di medicalizzazione. Le ostetriche che ci avrebbero accompagnato in questa scelta le conoscevamo da tempo, ci avevano assistito anche nelle gravidanze e parti precedenti. Sono angeli, persone uniche nel loro genere. Ti danno forza, ma soprattutto ti trasmetto un senso di accudimento indescrivibile. Il travaglio di Liam è stato lungo, nonostante fosse il terzo, intenso e doloroso. Ma è stato assolutamente meraviglioso. Ero a casa nostra, tra le braccia di mio marito e così abbiamo accolto nostro figlio: sdraiati sul tappeto del soggiorno, abbracciati l'una all'altro, stretti nello stesso desiderio di accogliere il frutto del nostro amore. Il travaglio è iniziato nella notte e il piccolo è nato verso le 9 della mattina successiva. È stata una notte lunga, intensa a volte interminabile e faticosa. Ma è stata la notte più magica di tutta la mia vita. Quando Liam è nato abbiamo decise di tardare il clampaggio del cordone, facendo due giorni di lotus, cosi dopo la sua nascita ci siamo trovati a fare colazione con un bel cappuccino e delle brioches appena sfornate sul divano di casa; io, mio marito, i nostri angeli e il piccolo Liam ancora legato alla sua placenta. Magico, intimo e indimenticabile. Foto di Helena Lopes Rinascere Mamma dà voce alle mamme che vogliono raccontarsi. Inviaci anche tu la tua storia, la leggeremo e avremo cura di pubblicare le più significative. Ti aspettiamo qui: VOCI DI MAMME .

  • LA MAGIA DEL MIO PARTO CONSAPEVOLE

    Tutto è cominciato di notte, alle 3:35. Mi sveglio di soprassalto, sognando di avere le contrazioni, e... sorpresa! Le contrazioni c'erano davvero. Ho capito subito che era l'inizio di quello che sarebbe stato il travaglio vero e proprio. Chiamo lei, Roberta, la mia ostetrica meravigliosa, che da Sciacca, una città distante dalla mia più di 200 chilometri, sarebbe dovuta arrivare l'indomani. Le spiego la situazione e con voce pacata e dolce mi risponde: "Tranquilla, io sono già a Ragusa, sono arrivata ieri. Me lo sentivo" Destino? Telepatia? Non lo so, tutto ciò lo definisco ancora una magia... Le ore passano e le contrazioni sono sempre più intense, come un'onda che ti avvolge e non ti lascia respirare. Con me nel frattempo c'erano due figure fondamentali: mia sorella e mio marito. Alle 11:40 sono in travaglio vero e proprio, ho mangiato. Dolorante tra una contrazione e l'altra ma ho mangiato. Roberta arriva… ero a 4 centimetri. Lei mi ha accompagnato in ogni contrazione asfissiante, con dolcezza e amore mi sussurrava: ”Respira, porta aria al tuo bambino" È questo che un ostetrica dovrebbe fare: rassicurare con amore. Sono tanto grata di averla avuta nel mio percorso! Si fanno le 14:15 circa, 6 centimetri: iniziano a riempire la piscina per il tanto desiderato parto in acqua. Roberta sempre al mio fianco, con la pezza fresca mi aiutava a sopportare il caldo dato dalle contrazioni. Tra un pentolone di acqua calda e un altro sento un forte bisogno di spingere, non mi capacito, troppo presto! Eppure c'era la testa. E senza darci il tempo di realizzare, in tre spinte, alle 14:42 Drake nasce sul divano, così, nel modo più spontaneo possibile. Inutile dire che è stata un’esperienza potente, magica e unica. Spesso ho provato a immaginare. Bello si, ma mai così bello come viverlo. Roberta mi ha insegnato che noi siamo in grado di partorire, se ascoltiamo il nostro corpo, perché lui ci indica cosa fare. Per questo non sarò mai grata abbastanza. Vi parlerei del dopo, della "ripresa" ma non c'è molto da dire: stavo così bene che il giorno seguente ero già al supermercato a fare scorte di spuntini notturni. Ho amato questa esperienza di parto consapevole. Ringraziamo l'ostetrica Roberta Cirafisi per averci concesso la pubblicazione di questa storia. Rinascere Mamma dà voce alle mamme che vogliono raccontarsi. Inviaci anche tu la tua storia, la leggeremo e avremo cura di pubblicare le più significative. Ti aspettiamo qui: VOCI DI MAMME .

  • IL MIO PARTO TRA PIANTO E SOLITUDINE

    Sono diventata mamma a 30 anni. La mia è stata una bella gravidanza, non ho avuti sintomi da star male, solamente gli ultimi due mesi avevo tanta acidità. Per 8 mesi, il mio bimbo doveva essere una bimba... Sì, perché quando ho fatto la morfologica, mi avevano dato la certezza al 100% che fosse femmina. Per fortuna non ho comprato niente di rosa, ma solo cose neutre. Ma meglio una notizia così che una brutta sinceramente! La data presunta del parto era il 25 Gennaio 2023, ma ho iniziato ad avere contrazioni forti nel pomeriggio del 21. Vado quindi in ospedale per una visita, e mi si rompono le acque; avviso il mio compagno, lui arriva mentre mi facevano il tracciato, e da lì partono le contrazioni fortissime! Dilatazione a parte, dovevo fare parto naturale, ho fatto addirittura la vasca, ma niente, torno sul letto, spingo spingo ma niente. Contrazioni fortissime, senza epidurale (non la fanno all'ospedale dove sono); alla fine, dopo che io quasi non respiravo più per il dolore, mi dicono che mi fanno il cesareo d'urgenza perché il mio bambino stava rimanendo senza ossigeno e aveva il cordone ombelicale attorno ai piedi per due giri. Mi portano in sala operatoria, e finalmente all'1:05 del 22 Gennaio nasce il mio bambino di 3,235 Kg. Mi hanno tenuto in ospedale per 5 giorni, per vedere se si attaccava al seno bene oppure no. Solo che in ospedale, le dottoresse gli davano di tanto in tanto un po' di aggiunta dal biberon. Dal mio seno c'era solo il colostro, non mi è mai arrivata la montata e ad oggi gli do il biberon con latte in polvere. In ospedale non mi sentivo a mio agio, ho avuto anche una crisi di pianto. Ero da sola in stanza (per via delle norme anti covid), e poteva entrare solo il mio compagno per due ore al giorno (1 ora a pranzo e 1 ora a cena). La notte non mi passava mai, non dormivo molto, e quando provavo ad allattare mi veniva da addormentarmi con mio figlio tra le braccia. Per fortuna riuscivo a non farlo e lo rimettevo nella culla, nonostante avessi malissimo alla pancia per i punti. Tra l'altro avevano usato anche la ventosa e quindi altri punti: un parto sofferto il mio. Le infermiere del nido mi avevano rassicurato che per qualunque cosa, avrei potuto digitare il numero sul telefono in stanza, e che loro sarebbero arrivate, ma quando chiamavo, non venivano subit:, mi lasciavano anche ore da sola, e io piangevo perché per i punti e la stanchezza non riuscivo ad alzarmi. Non vedevo l'ora di tornare a casa. Per farmi aiutare con il bambino chiamavo l'ostetrica che visitava me, anche se non era compito suo, perché le infermiere del nido mi staccavano il telefono. Una volta uscita dall'ospedale ho respirato. Finalmente a casa dalla mia famiglia. Ora il mio bambino ha 5 mesi e mezzo e pesa 7,500 Kg. È molto tranquillo, dorme tutta la notte, mangia tutto, ho iniziato a svezzarlo con la frutta. È giocoso, si lamenta e piange poco. Per il resto, ora come ora sto molto meglio e dopo avervi raccontato la mia storia sto ancora meglio perché mi sono sfogata un pochino di più. Foto di Polina Tankilevitch Rinascere Mamma dà voce alle mamme che vogliono raccontarsi. Inviaci anche tu la tua storia, la leggeremo e avremo cura di pubblicare le più significative. Ti aspettiamo qui: VOCI DI MAMME .

  • UNA PICCOLA KOALA TRA LE MIE BRACCIA

    Vengo da una storia un po' travagliata. Premetto che già ho una bimba grande e aspettavamo io e mio marito di poter avere la gioia di regalare un fratellino o sorellina alla mia piccola. Dopo qualche anno di ricerca a vuoto, ci siamo imbattuti nel percorso della pma; ma anche quella, purtroppo, non è andata a buon fine. Scoraggiati decidiamo di mollare tutto, ma dopo 1 mese dal percorso sono rimasta incinta naturalmente. Il nostro miracolo!!! La mia gravidanza è iniziata un po' male, infatti sono dovuta stare a riposo e con cure farmacologiche, ma io ci credevo e sapevo che non poteva finire cosi, infatti passano i giorni e i mesi e io piano piano riprendo la mia vita in mano. Verso la 27ª settimana, dopo una visita ginecologica, il dottore mi mette di nuovo a riposo assoluto, per minaccia di parto pretermine. Sì, evidentemente voleva nascere prima, e conoscere i suoi genitori che l'hanno desiderata più di ogni cosa. Ma anche qui, con fatica, contando le settimane e credendo che sarebbe andato tutto bene, siamo arrivati a termine. Il 9 dicembre, a 38+6, nasce Benedetta, una bambola di 3,900 kg e 50 cm. Finalmente ce l'abbiamo fatta! Adesso ha 6 mesi e sto continuando la meravigliosa favola dell'allattamento. La mia bimba non si stacca da me... È la mia piccola koala! Foto di Monica Turlui Rinascere Mamma dà voce alle mamme che vogliono raccontarsi. Inviaci anche tu la tua storia, la leggeremo e avremo cura di pubblicare le più significative. Ti aspettiamo qui: VOCI DI MAMME .

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