LA MIA RINASCITA

Mi ritrovo in questi giorni a poter leggere, e mi immergo in tutte le storie belle o brutte che siano.
Ho pensato, ed è da qualche giorno che provo, butto giù due righe e poi mi fermo.
Ed invece forse è giusto che scriva anch'io, per diversi motivi, soprattutto per quelle mamme che dentro di loro desiderano un altro figlio, ma sono titubanti, o bloccate, addirittura pietrificate dall'idea del parto.
Anno 2017. Prima gravidanza, il mio cuore scoppia di gioia.
Mi immaginavo una bimba, quando scopro che sono due li visualizzo già: una femmina ed un maschietto. Non lo saprò mai, ma lo sento.
A 11 settimane mi dicono che uno dei due è molto più piccolo, a 13 finite rimane solo un puntino.
Tutto sommato la gravidanza procede bene, fino alla 34esima settimana, quando improvvisamente inizio ad avere ipertensione.
Mi ricoverano ed arrivo a 36+3 quando inizio ad avere dei primi, non forti, ma chiari segnali di preeclampsia, perciò decidono di indurmi il parto.
Dopo due dosi di gel, alle 23:00 circa iniziano i dolori; vengo posizionata sul lettino con tracciato e mi viene chiesto di star ferma per quanto possibile, altrimenti devo fare il cesareo, io penso che neanche mi dispiacerebbe farlo.
Dopo circa un'ora imploro di cambiare posizione perchè è insopportabile, così mi portano sulla sedia, sempre con il monitoraggio, dove però rimarrò solo mezz'ora perchè fanno fatica a visitarmi per controllare la dilatazione, quindo torno in posizione ginecologica.
Chiedo venga chiamato mio marito, mi dicono che l'hanno fatto. Chiedo di nuovo di lui nel tempo e mi dicono sempre: «Fra poco arriva», ma al momento delle spinte si incolpano fra ostetrica ed infermiera e scopro che lo hanno dimenticato.
Inizio a spingere. Dopo sei/sette spinte mi urlano di smettere perchè vedono diversi giri di cordone attorno al collo; dopo pochi secondi il segnale di sofferenza nel monitor, riescono a slegare il cordone, Kristeller, e dopo qualche altra spinta nasce la mia bimba meravigliosa, piccola e con poco fiato.
Entra ora il mio compagno, minuti di felicità, mi dicono: «brava solo tre punti», ma dura poco; inizio a perdere un sacco di sangue e mi devono fare una pulizia dell'utero.
Senza anestesia, tolgono i punti appena messi e raschiano, passa mezzora e mi sembra un'eternità.
Ricordo ancora la sensazione tremenda e il dolore che ho provato come fosse ieri, con il mio compagno presente.
Svengo.
Mi sono risvegliata con una lacerazione fino all'ano che ho dovuto far cauterizzare dopo 3 mesi; non capivo come da 3 punti me ne ritrovassi oltre 20 e mio marito mi dice che hanno "dovuto" tagliare per far passare meglio le garze tampone.
Io per più di un anno ho avuto il terrore anche dei rapporti sessuali, e in occasione della cauterizzazione, racconto al mio ginecologo di fiducia, per la prima volta, il parto.
Scopro che di norma questo intervento viene fatto in anestesia generale, perchè a tutti gli effetti, anche da cartella clinica, si è trattato di un raschiamento e che comunque è molto frequente che si verifichino emorragie in parti conseguenti a un aborto di un secondo feto, cosa completamente ignorata in sala parto.
Non ho mai osato parlare di violenza ostetrica, anche se ora che scrivo mi sembra di risentire l'effetto della garza dentro di me e rabbrividisco.
Mi sono sempre detta che era comunque un parto indotto per patologia, che di meglio non potevano fare, che la mia bimba ha rischiato, ma è qui.
Ho pensato superficialità sì, ma ho sempre interpretato la violenza nelle brutte parole, brutti trattamenti nel travaglio, non ho mai vissuto male il fatto di non potermi muovere, di dover stare in posizione ginecologica per quasi tutto il travaglio, di non poter fare pipì perchè se mi fossi staccata dal monitoraggio avrei potuto in un attimo perderla, fino a che non ci sono ripassata.
Forse in realtà invece lo era, forse no, ancora davvero non so dirlo, anche se dentro di me, qualcosa mi dice che molte cose sarebbero potute essere molto diverse anche solo con una parola.
Vivo guardando lo splendore che ho creato con le lacrime ogni volta che penso al parto, mi dico "mai più" finchè quella vocina ribussa nella mia testa: devo essere proprio pazza a volerne un altro, lo desidero da morire, ma sono terrorizzata.
Inizio un percorso psicologico; arrivo così al 2020 quando il desiderio arriva al suo apice.
Rimango incinta, ma ho un aborto a 7 settimane.
È la fine del 2021 quando riesco finalmente a rimanere di nuovo incinta: gravidanza a dir poco orrenda, ricovero per minaccia di parto prematuro e invece...
Arrivo a 40+1, alle 15:00 inizio ad aver dei dolorini; faccio 2 docce, trovo sistemazione per la primogenita.
Alle 17:00 si rompono le acque, aspetto mio marito e mi avvio verso l'ospedale.
Gli chiedo di non staccarsi da me per nessun motivo.
15 minuti di tracciato e alle 18:10 sono in sala parto.
L'ostetrica inizia a chiedermi come preferisco stare, mi sprona a provare diverse posizioni per capire quale possa andarmi meglio, io le chiedo: «Ma come? E come fai poi a visitarmi?». Lei sorride.
Alle 19:00 sento il bisogno di spingere e chiedo di essere visitata per sapere se sono a dilatazione completa, come ricordavo dalla prima volta.
L'ostetrica mi dice, ricordo perfettamente le parole: «Se vuoi ti visito, ma non serve. È il tuo bambino che te lo dice! Seguilo se spinge, non forzare, non spingere subito forte ma seguilo, segui il tuo bambino nella spinta»
Adesso mi dico che è proprio così che dovrebbero spiegare il parto nei corsi, è difficile capire all'inizio, ma in questo modo viene tutto naturale, o per lo meno molto più sopportabile.
Mi ci è voluto qualche minuto per capire come fare; mi ha chiesto di nuovo se volessi provare altre posizioni, se fossi comoda e dopo poco mi ha avvisata che vedeva la testa, perciò potevo dar forza nella spinta, usando tutta la contrazione.
Sorprendendomi perchè nell'altro parto mai mi era stato dato un consiglio, una scelta, un'alternativa, o semplicemente una parola di conforto e l'affetto, la presenza del mio compagno, prima di questo momento.
Mai ci avevo pensato a questo aspetto, pensavo all'urgenza.
Forse però, proprio nell'urgenza ne avrei avuto bisogno.
In 4 spinte, alle 19:20, nasce il mio secondo angelo, con solo 1 punticino.
Ragazze, donne, mamme, sono rinata anch'io, in quel momento ho sanato almeno in parte quella ferita nella mia testa, nei miei ricordi.
E niente, ringrazio la mia scelta, coraggiosa, egoista, incoscente, dettata dall'amore, di prendere coscienza, di affrontare e comprendere nel profondo il mio vissuto, e di riprovarci.
Nonostante tutto.
Foto di Rodolfo Quirós
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